mercoledì 24 agosto 2011

Virtual grave


"Non bisognerebbe sopravvivere ai propri figli" si dice ed è profondamente vero. Così come vero è anche il fatto che non si debba sopravvivere al proprio io virtuale.
L'avvento di Facebook e in generale dei social network avanzati, in grado quindi di sostituire in parte o addirittura totalmente la socialità di una persona, ha creato uno strano fenomeno.
Paradossalmente, sospendere il proprio account, o chiuderlo del tutto, provoca reazioni di preoccupazione nella lista di amici (l'ho testato personalmente su Facebook), un pò come se la presenza sul social network e quindi in società sia sinonimico del godere di un buono stato di salute.
Ma questa cosa, per quanto assurda, viene ampiamente surclassata dal suo esatto contrario. Sono due i casi in cui invece un defunto continua a vivere sui social network in qualche modo.
Il primo caso, quello capitato a me, riguarda una persona che conoscevo, defunta giovane (ma prima del vero boom di Facebook) al quale è stato creato comunque un profilo per ricordarlo. Ci si ritrova così a ricevere la richiesta di amicizia da una persona morta nella realtà, ma viva telematicamente. A dir poco macabro.
Simile il caso generico: quello in cui una persona iscritta muore prematuramente, lasciando in eredità un profilo vivo e vegeto, che amici e parenti continuano ad alimentare con saluti e commemorazioni varie.
La nostra immagine continua a far capolino anche involontariamente nelle pagine degli altri utenti (ad esempio come amico in comune, o in tag di vecchie foto) anche se noi siamo in un'urna o sotto qualche metro di terra.
Ho un personalissimo senso di fastidio per tutto ciò. Mi sa di qualcosa fuori posto, che so di non poter sistemare. Di fatto, questa deriva è una delle cose più strambe di questo nuovo millennio.
Starò invecchiando io...

BriXx

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